Così nacquero le piastre
Più o meno in contemporanea con l’avvento dei carver, le principali aziende produttrici hanno introdotto i rialzi sotto l’attacco per migliorare la guidabilità e la tenuta dello sci, ma già anni prima un americano brevettava un rialzo sospeso…
E’ indubbio che gli sci, negli ultimi anni, sono stati oggetto di un’evoluzione sorprendente. Ricordo quando, da ragazzino, rimasi sorpreso nel vedere che gli sci usati da Alberto Tomba avevano un rialzo notevole sotto gli attacchi.
Pensandoci ora sembra del tutto evidente che, disponendo di un braccio di leva di lunghezza superiore, sia possibile esercitare una maggiore forza con gli scarponi, permettendo di migliorare le performances dell’atleta.
Dopo qualche tempo le piastre (come vennero chiamate) vennero introdotte anche sui modelli da turismo, e tutti furono in grado di verificare di persona la loro validità: tra l’altro, arrivarono in contemporanea al primo avvento dei carver e determinarono un notevole salto in avanti delle prestazioni degli sci.
L’evoluzione delle piastre è però cominciata parecchi anni prima. In merito, è rilevante riscontrare l’esistenza di un brevetto statunitense di Hans Meyer, relativo a uno sci in cui una tavoletta, dove vincolare gli scarponi, risultava sospesa elasticamente rispetto alla superficie superiore.
L’obiettivo del brevetto era proprio quello di rendere più agevole e immediato il cambio di direzione. La scelta in questo caso ricadde su una lamiera accoppiata elasticamente con lo sci allo scopo di sfruttare lo smorzamento elastico della stessa per rendere più confortevoli la sciata.
Non per niente, le prime piastre in commercio si dividevano tra quelle per attrezzi di fascia “race” e quelle per attrezzi da “granturismo” e “turismo”. Le piastre race erano in alluminio e contribuivano sensibilmente a incrementare la rigidità dello sci, rendendolo particolarmente reattivo e adatto alla conduzione alle alte velocità.
Riguardo a ciò, la prima domanda di brevetto risale al 1982 e definisce una piastra che ha sostanzialmente le medesime caratteristiche di quelle che siamo abituati a vedere ancora oggi e che aveva lo scopo di irrigidire gli sci, incrementandone le prestazioni in termini di tenuta.
In seguito, agli inizi degli anni ’90, la Rossignol depositò una domanda di brevetto relativa a una piastra che aveva tra le sue funzioni anche quella di irrigidire lo sci (riguardo le flessioni e anche le torsioni assiali), ma che abbinava a questo pure un forte smorzamento delle vibrazioni.
Infatti, l’irrigidimento dello sci portava come conseguenza la completa trasmissione di ogni singola asperità della pista (un po’ come succede con le auto dall’assetto sportivo), riducendo in maniera eccessiva il comfort: cosa che se poteva essere accettata da un atleta, non lo era per molti appassionati.
La piastra della Rossignol presentava una stratificazione di lastre realizzate con particolari leghe metalliche e di lastre realizzate in materiale visco-elastico: l’obiettivo era quello di smorzare le vibrazioni attraverso gli strati visco-elastici che separavano quelli metallici.
Nel frattempo, gli sci con vocazione maggiormente turistica cominciavano a venir equipaggiati con piastre separate (una sotto all’avampiede e una sotto al tallone), cui vinclare gli attacchi.
In alcuni casi, per conservare la continuità della piastra, i due componenti erano reciprocamente innnestati a scorrere: in questo modo, non contribuivano a incrementare la rigidità dell’attrezzo (riducendone quindi il comfort), pur consentendo di agire da una posizione sopraelevata, con tutti i vantaggi citati in precedenza.
In merito, la Volkl, verso la metà degli anni ’90, depositò una domanda di brevetto che prevedeva l’adozione di due semi piastre separate, realizzate in materiale rigido (una lega metallica): in pratica, tale soluzione offiva molti dei vantaggi di una tradizionale piastra metallica monoblocco, lasciando però allo sci la possibilità di subire flessioni in corrispondenza della sua porzione centrale, rendendolo più confortevole per chi lo adoperava visto che non venivano trasmesse per intero le vibrazioni generate dalle irregolarità della pista.
Da allora i produttori hano cercato di raggiungere la migliore integrazione tra sci e attacchi, realizzando piastra dedicate (in taluni casi integrate), che permettevano di smorzare le vibrazioni pur determinando un ottimale irrigidimento degli sci.
Credo comunque che questo accessorio sia destinato a subire ulteriori e importanti evoluzione, non solo legate all’integrazione con sci e attacchi, ma anche in relazione alla possibilità di variare la risposta in funzione del tipo di attività, magari senza richiedere alcun intervento da parte chi l’utilizza, che a quel punto dovrà solamente godersi il panorama e il vento sulla faccia!
di Michele Rubbini